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Recupero crediti e procedure esecutive

Lo studio si occupa anche di recupero del credito tanto in fase stragiudiziale, quanto in sede giudiziale con la proposizione di azioni esecutive mobiliari, presso terzi o immobiliari.
Nello svolgimento di tale attività, per la quale è di fondamentale importanza prima di procedere conoscere la situazione patrimoniale del debitore, lo studio si avvale delle banche dati delle Camere di Commercio, delle Conservatorie dei Registri Immobiliari, del Catasto dei fabbricati e dei terreni e del Pubblico Registro Automobilistico.
Tale attività viene svolta in favore di privati e di imprese.

  • MAGGIORI INFORMAZIONI

    Dal 9 febbraio 2015, data di entrata in vigore della Legge 10 novembre 2014 n. 162, di conversione, con modificazioni, del Decreto Legge 12 settembre 2014 n. 132 è stato introdotto il procedimento di negoziazione assistita da uno o più avvocati che, per chi intenda proporre in giudizio una domanda di risarcimento del danno da circolazione di veicoli e natanti o di pagamento a qualsiasi titolo di somme fino a euro 50.000,00, escluse le materie in cui è obbligatorio esperire il procedimento di mediazione, costituisce una condizione di procedibilità

    L’esperimento della negoziazione assistita non è condizione di procedibilità nei procedimenti per ingiunzione, inclusa l’opposizione, nei procedimenti di consulenza tecnica preventiva ai fini della composizione della lite, nei procedimenti di opposizione o incidentali di cognizione relativi all’esecuzione forzata, nei procedimenti in camera di consiglio e nell’azione civile esercitata nel processo penale.

    Con la Riforma Cartabia (D. Lgs. 149/2022) la negoziazione assistita da uno o più avvocati può essere esperita anche per le controversie di lavoro.


  • Normativa e giurisprudenza in materia di procedure esecutive

    Con l'introduzione del D. L. 135/2018, convertito con modificazioni dalla Legge 12/2019, e successivamente con la Riforma Cartabia, sono stati modificati gli artt. 495, 569 c.p.c., cui si aggiunge la vendita diretta ex art. 569-bis c.p.c., ed è stato totalmente riscritto l'art. 560 c.p.c..

    In particolare l'art. 495 c.p.c. concerne la conversione del pignoramento, con riduzione da 1/5 a 1/6 dell'importo del credito da depositare in cancelleria insieme all'istanza di conversione, la rateizzazione è passata da 36 a 48 mesi e il termine di tolleranza è passato da 15 a 30 giorni; l'art. 569 c.p.c. stabilisce la possibilità per il creditore di depositare, non oltre trenta giorni prima dell'udienza, un atto notificato al debitore di specificazione dell'ammontare del residuo credito per cui si procede, comprensivo degli interessi e delle spese sostenute fino all'udienza.

    L'art. 560 c.p.c. prevede la facoltà per il debitore esecutato di abitare l'immobile e di utilizzare le sue pertinenze sino all'emissione del decreto di trasferimento, purché abiti nell'immobile con il suo nucleo familiare, non impedisca le facoltà di visita, conservi l'integrità dell'immobile con la diligenza del buon padre di famiglia e non lo dia in locazione se non previa autorizzazione del Giudice dell'Esecuzione; solo successivamente alla pronuncia del decreto di trasferimento, ai sensi dell'art. 586 c.p.c., si potrà disporre il rilascio dell'immobile pignorato.

    A seguito dell'entrata in vigore del D. L. 83/2015, convertito con modificazioni nella Legge 132/2015, è cambiata la modalità di determinazione del valore dell'immobile pignorato, che oggi si deve basare sul valore di mercato del bene e non più sulla rendita catastale; è stata privilegiata la vendita senza incanto ovvero tramite soggetti specializzati (commissionario / professionisti delegati); le misure di corercizione indiretta, ex art. 614 bis c.p.c., sono state estese agli obblighi fungibili di fare e non fare e alla condanna alla consegna e al rilascio.

    È stato poi introdotto l'art. 2929 bis c.c. (revocatoria semplificata), relativo all'espropriazione di beni oggetto di vincoli di indisponibilità o di alienazioni a titolo gratuito, il quale prevede la facoltà di esperire l'azione esecutiva anche senza dover attendere l'esito dell'azione revocatoria diretta a rimuovere l'efficacia del vincolo o dell'atto di disposizione, se compiuto successivamente al sorgere del debito e avente a oggetto beni mobili registrati o immobili.

    Con la Legge 10 novembre 2014 n. 162, di conversione, con modificazioni, del Decreto Legge 12 settembre 2014 n. 132, viene elevata la misura degli interessi legali sui crediti litigiosi, che viene parificato a quello vigente in materia di ritardo nel pagamento delle transazioni commerciali, stabilendo la decorrenza dal momento dell’introduzione della domanda giudiziale, ovvero dalla pendenza della lite come individuata dall’art. 39 c.p.c..

    In tal modo si è voluto evitare, attesa la misura degli interessi legali e la durata delle cause, che i debitori traggano un vantaggio, finanziandosi, a causa delle lungaggini processuali.

    In tema di pignoramento viene introdotto l’art. 492-bis c.p.c. relativo alla ricerca con modalità telematiche dei beni da pignorare, da parte dell’Ufficiale Giudiziario, in caso di incapienza dei beni del debitore, previa autorizzazione del giudice.

    È stata modificata anche la competenza territoriale del giudice dell’esecuzione, radicandola presso il Tribunale del luogo di residenza, domicilio, dimora o sede del debitore ed è stata unificata la disciplina della dichiarazione di terzo nel pignoramento presso terzi, che da ora in poi dovrà farsi a mezzo lettera raccomandata a.r. o tramite p.e.c.

    Inoltre, sempre in materia di esecuzione mobiliare, è stato introdotto l’art. 164 –bis Disp. Att. c.p.c., in base al quale viene disposta l’anticipata chiusura del processo esecutivo, quando risulta che non è più possibile conseguire un ragionevole soddisfacimento delle pretese dei creditori, tenuto anche conto dei costi della procedura.

    Come sopra già detto, la citata Legge n.162/2014 prevede che la negoziazione assistita costituisca condizione di procedibilità per tutte le domande di pagamento a qualsiasi titolo di somme non eccedenti euro 50.000,00, fatta eccezione per le materie in cui è obbligatoria la mediazione finalizzata alla conciliazione delle controversie civile e commerciali di cui al D.Lgs. 4 marzo 2010 n. 28 e successive modifiche e integrazioni, con la precisazione che l'esperimento della negoziazione assistita non è altresì necessario nei procedimenti per ingiunzione, compresa l'opposizione, nei procedimenti di consulenza tecnica preventiva finalizzati alla composizione della lite, nei procedimenti di opposizione o incidentali di cognizione relativi all'esecuzione forzata, nei procedimenti in camera di consiglio e nell'azione civile esercitata in sede penale.

    In caso di pignoramento dell'immobile urbano locato a uso non abitativo eseguito in data antecedente alla scadenza del termine, la mancata autorizzazione al rinnovo da parte del giudice dell'esecuzione, determina l'automatica cessazione di efficacia del contratto di locazione (Cassazione civile, sez. III, 19/07/2019, n. 19522).

    Il giudice dell'esecuzione, in tema di espropriazione immobiliare, ha il dovere di richiedere, ai fini della vendita forzata, la certificazione attestante che, in base alle risultanze dei registri immobiliari, il bene pignorato è di proprietà del debitore esecutato sulla base di una serie continua di trascrizioni; la mancata produzione, imputabile al creditore, comporta la dichiarazione di chiusura anticipata del processo esecutivo (Cassazione civile, sez. III, 11/06/2019, n. 15597).

    Il creditore del condominio che vanta un titolo esecutivo nei confronti del condominio stesso ha facoltà di procedere all'espropriazione di tutti i beni condominiali, ivi inclusi i crediti vantati da quest'ultimo nei confronti dei singoli condomini per i contributi dagli stessi dovuti in base agli stati di ripartizione approvati dall'assemblea (Cassazione civile, sez. III, 14/05/2019, n. 12715).

    I limiti ai crediti impignorabili previsti dall'art. 545 c.p.c. valgono solo per il pignoramento eseguito presso l'ente erogatore del trattamento pensionistico, non valendo, invece, quando il pignoramento sia eseguito presso l'istituto bancario o altro ente con il quale il debitore intrattiene un rapporto di conto corrente (Cassazione civile, sez. lav., 17/10/2018, n. 26042).

    Il decreto di trasferimento ex art. 586 c.p.c., ancorché abbia avuto a oggetto un bene in tutto o in parte diverso da quello pignorato, non è inesistente, ma solo affetto da invalidità; l'invalidità de quo deve essere fatta valere con il rimedio dell'opposizione agli atti esecutivi nei termini di cui all'art. 617 c.p.c. (Corte appello Milano, sez. II, 05/10/2018, n. 4365).

    I beni trasferiti a conclusione di un'espropriazione immobiliare sono quelli di cui alle indicazioni del decreto di trasferimento emesso ex art. 586 c.p.c., cui vanno aggiunti quei beni ai quali gli effetti del pignoramento si estendono automaticamente, ai sensi dell'art. 2912 c.c., come accessori, pertinenze, frutti, miglioramenti e addizioni, e quei beni che, pur non espressamente menzionati nel predetto decreto, siano uniti fisicamente alla cosa principale (Cassazione civile, sez. III, 28/06/2018, n. 17041).

    Il giudizio di accertamento dell'obbligo del terzo ex art. 548 del c.p.c. sorge incidentalmente nel corso del procedimento esecutivo ed è funzionalizzato all'individuazione della cosa assoggettata a espropriazione all'esito della mancanza o della contestazione della dichiarazione del terzo e unico legittimato a richiedere il giudizio di cognizione di cui al suddetto articolo è il creditore esecutante (Cassazione civile, sez. III, 12/04/2017, n. 9364).

    Il mandato per la riscossione di un credito non si estende alla transazione col debitore, la quale, ai sensi dell'art. 1708 cod. civ., è atto meramente eventuale, ulteriore rispetto all'attività espressamente consentita (Cassazione civile, sez. II, 31/01/2014, n. 2153).

    La prova dell'insolvenza dell'imprenditore può emergere da molteplici elementi e non richiede il preventivo, infruttuoso esperimento di azioni coattive di recupero del credito (Cassazione civile, sez. VI, 12/06/2013, n. 14768).

    Il creditore che agisce per il recupero del suo credito è tenuto unicamente a provare il rapporto o il titolo dal quale deriva il suo diritto e, non anche, il mancato pagamento poiché il pagamento integra un fatto estintivo il cui onere probatorio incombe sul debitore che lo abbia eccepito (Tribunale Roma, sez. VI, 12/05/2013, n. 15499).

    In tema di ripartizione delle spese condominiali, è passivamente legittimato rispetto all’azione giudiziaria per il recupero della quota di competenza, il vero proprietario della porzione immobiliare e non anche colui che si sia comportato nei rapporti con i terzi come condomino senza esserlo e, dunque, non anche chi possa apparire tale. Infatti, in primis difettano nei rapporti tra il condominio, che è un ente di gestione, e i singoli partecipanti a esso le condizioni per l’operatività del “principio dell’apparenza del diritto”, strumentale essenzialmente all’esigenza di tutela dei terzi in buona fede. In secondo luogo, il collegamento della legittimazione passiva all’effettiva titolarità della proprietà è funzionale al rafforzamento e al soddisfacimento del credito della gestione condominiale (Tribunale Torino, sez. III, 21/11/2012, n. 6755).

    In tema di opposizione all'esecuzione, qualora il titolo esecutivo, di formazione giudiziale, sia stato emesso nei confronti di soggetto diverso da colui che è intimato, e non sia in contestazione siffatta diversità, spetta all'opposto, creditore procedente, allegare e dimostrare che si verte in un'ipotesi di estensione dell'efficacia soggettiva del titolo esecutivo in quanto l'esecuzione è stata intrapresa nei confronti di colui che è succeduto nella situazione sostanziale "ex latere debitoris", per essersi verificato, prima della formazione del titolo giudiziale, uno dei fatti presupposti dall'art. 111 cod. proc. civ. ovvero, dopo la formazione del titolo stesso, dall'art. 477 cod. proc. civ. (Cassazione civile, sez. III, 30/05/2014, n. 12286).

    La nullità della notificazione del titolo esecutivo, quand'anche costituito da provvedimento giudiziale, fatta al procuratore costituito nel processo, anziché alla parte personalmente, ai sensi dell'art. 479, secondo comma, cod. proc. civ., è sanabile in dipendenza del raggiungimento dello scopo, allorché l'intimato abbia comunque sviluppato difese ulteriori rispetto al profilo della mancata notifica di persona, così rivelando un'idonea conoscenza dell'atto, mentre ove non siano addotte contestazioni diverse da quella della nullità della notificazione, la stessa può rilevare soltanto in caso di allegazione, e di eventuale prova, delle specifiche limitazioni o compressioni del diritto di difesa che, anche in rapporto alle peculiarità del caso di specie, ne siano derivate (Cassazione civile, sez. III, 13/05/2014, n. 10327).

    Non può essere qualificato come atto di precetto ai sensi dell'art. 480 c.p.c. il semplice invito al pagamento rivolto dal creditore al proprio debitore qualora, per la carenza dei requisiti richiesti da detta norma (in specie, l'intestazione, l'intimazione ad adempiere l'obbligo risultante dal titolo esecutivo, l'indicazione delle parti, la sottoscrizione del creditore e/o del suo difensore, l'elezione di domicilio o la dichiarazione di residenza), non sia riconoscibile come atto di precetto, pur se fatto notificare unitamente al titolo esecutivo. Conseguentemente, non è ammessa l'opposizione all'esecuzione ai sensi dell'art. 615, comma 1, c.p.c. avverso un mero invito al pagamento che sia irriconoscibile come atto di precetto (Cassazione civile, sez. VI, 31/01/2014, n. 2109).

    Nel giudizio di opposizione a un’esecuzione fondata su un assegno bancario, ove l’opponente deduca che il titolo, di cui appare traente e del quale non disconosca la sottoscrizione relativa al rapporto di emissione, è stato alterato con l’indicazione di un terzo prenditore in luogo dello stesso emittente, la deduzione è priva di rilevanza se non accompagnata dalla proposizione della querela di falso, attesa l’efficacia conseguita ai sensi dell’art. 2702 c.c. dall’assegno, quale scrittura privata che si ha legalmente per riconosciuta. Tale principio vale anche in relazione al riempimento delle altre parti dell’assegno, che in mancanza di querela di falso devono essere intese come provenienti dal traente, in virtù del principio sancito dall’art. 2702 c.c. (Tribunale Foggia, 22/10/2013).

    La ricognizione di debito ha effetto confermativo di un preesistente rapporto fondamentale, determinando l’astrazione processuale della “causa debenda”, con la conseguenza che il destinatario è dispensato dall’onere di provare l’esistenza e la validità del predetto rapporto, che si presume, fino a prova contraria; essa, però, non costituisce autonoma fonte di obbligazione, presupponendo pur sempre l’esistenza e la validità del rapporto fondamentale, con la conseguenza che la sua efficacia vincolante viene meno qualora sia giudizialmente provato che tale rapporto non è mai sorto, o è invalido, o si è estinto, ovvero che esista una condizione o un altro elemento relativo al rapporto fondamentale, che possa comunque incidere sull’obbligazione oggetto del riconoscimento. Pertanto, nel giudizio di opposizione all’esecuzione promossa in virtù di un titolo esecutivo che comporta una ricognizione di debito (nella specie, un assegno bancario), incombe all’opponente l’onere di provare i motivi che tolgono valore al riconoscimento, compreso l’inadempimento del creditore procedente, qualora mediante l’opposizione sia stata proposta domanda di risoluzione per inadempimento del rapporto fondamentale (Tribunale Parma, sez. I, 23/07/2013, n. 1028).

    Il pagamento con un sistema diverso dalla moneta avente corso legale nello Stato, ma che assicuri al creditore la disponibilità della somma dovuta, può essere rifiutato dal creditore soltanto per un giustificato motivo, dovendosi altrimenti intendere il rifiuto come contrario al principio di correttezza e buona fede (Cassazione civile, sez. III, 10/06/2013, n. 14531).

    In sede di esecuzione forzata la cambiale non ha rilevanza in quanto scrittura privata, ma come titolo esecutivo. Perciò, ove il debitore eccepisca la falsità della sottoscrizione non può limitarsi al mero disconoscimento della firma unitamente all'opposizione ex art. 615 c.p.c., ma è necessaria la proposizione della querela di falso. Infatti, è necessario privare la cambiale non dell'efficacia probante della scrittura privata, ma dell'efficacia esecutiva del titolo (Tribunale Terni, 22/09/2011).